Arriva il Tonno Rosso, Ma la Marineria Siciliana Sta a Guardare

Con l’avvicinarsi della primavera cresce in Sicilia l’attesa di banchi di tonno rosso che dall’Atlantico arrivano nel Mediterraneo per il periodo della riproduzione alla quale sono necessarie acque più temperate. Almeno così è stato fino a dieci anni fa, quando esperti rais di Favignana, Mazara e Sciacca organizzavano la caccia al pregiatissimo mammifero calando le reti per la mattanza. Occorreva grande esperienza e conoscenza precisa delle rotte annuali dei banchi di tonno, qualità che oggi non occorrono più, perché la mattanza è scomparsa nel Mediterraneo e si è attestata invece nelle acque dell’oceano a opera di grandi imprese di pesca, soprattutto giapponesi che più che cacciare il tonno lo avvistano grazie ai sistemi satellitari e ne fanno grandi provviste operando in acque internazionali e finendo per depauperare così il Mediterraneo e penalizzare innanzitutto le marinerie siciliane. Si calcola che, a partire dagli anni Ottanta, il solo Giappone consumi i due terzi del pescato di tonno rosso in tutto il mondo, quantità perlopiù destinata alla produzione di sushi e proveniente anche dall’Atlantico oltre che dal Pacifico. L’enorme consumo di tonno rosso ha nel tempo determinato una seria minaccia di estinzione della specie per proteggere la quale l’Unione europea ha introdotto restrizioni stabilendo per il triennio 2018-2020 quote di ripartizione del pescato che hanno ulteriormente colpito la marineria siciliana. La quota stabilita nel 2018 per l’Italia è stata di 3849,13 tonnellate ed è stato su di essa che il Ministero delle politiche agricole ha varato il Piano di ripartizione tra i vari sistema di pesca, assegnando al sistema della circuizione fissa o derivante il 75% delle quote e il rimanente a quello detto del palangaro (o “conzo”) che è il più diffuso in Sicilia. La differenza è nei costi di impresa: la circuizione, esercitata dalle marinerie più avanzate, consiste nella disposizione di grandi reti sott’acqua dove attirare i banchi e richiede più natanti e non pochi addetti, mentre il palangaro è affidato a un insieme di ami sul fondo o a mezz’acqua ed è basato sull’abboccamento tipico della lenza anziché l’intrappolamento che ricorda la mattanza. Gli assessori regionali alla Pesca Bandiera e alle Attività produttive Turano avevano annunciato opposizione al decreto ministeriale, ma il Piano di ripartizione è giù attivo da quasi diciotto mesi con il risultato che la pesca d’altura siciliana boccheggia ed anche l’industria di lavorazione fatica a reggere la crisi. In Sicilia sono 17 gli armatori titolari di quote (pari al 40% della produzione nazionale) ma solo uno è attrezzato per la pesca a circuizione con una disponibilità di 460 tonnellate mentre tutti gli altri, operando con il palangaro, devono dividersi 530 tonnellate ottenendo profitti pressoché nulli. Dal canto loro delle cinque aziende di allevamento di tonno presenti in Sicilia solo due sono attive ma versano sull’orlo della chiusura per la mancanza di tonno. Il deputato regionale Vincenzo Figuccia ha anche presentato un’interrogazione che poi ha ritirato mentre si aspetta che il governo italiano proceda all’accertamento del reale rischio di estinzione del tonno rosso, la cui pesca in Sicilia ha rappresentato una storica tradizione, oggi in via di rapida cancellazione.

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