la Deportazione a Favignana Negli Scritti di un Poeta Libico – Khalifa Abo Khraisse

Nel viaggio di ritorno dopo il lungo assedio di Troia, il vento costrinse la nave di Ulisse a deviare dalla sua rotta, indirizzandola secondo quanto ci dice Erodoto sulle coste libiche, la terra dei lotofagi. Ulisse inviò degli esploratori in ricognizione.

Questi ultimi incontrarono degli abitanti del posto che li invitarono ad assaggiare la loro pianta misteriosa, il loto. Dopo averlo mangiato gli esploratori dimenticarono le loro case e desiderarono solo rilassarsi, vivere lì e non partire mai più. Ulisse dovette trascinarli a forza sulla nave e incatenarveli per impedirgli di tornare in quella terra.

Oggi la storia è capovolta, tutti cercano disperatamente di lasciare la terra dei lotofagi ma vengono riportati indietro a forza e a incatenati affinché non possano più partire.

La storia della terra dei lotofagi ha continuato a circolare tra invasioni, colonizzazioni e disastri naturali, e quando le persone non sono state costrette a partire a causa di guerre, deportazioni o esilio, ci hanno pensato carestie, siccità ed epidemie. È stato sempre così, perciò per centinaia di anni i libici non hanno avuto a disposizione la scrittura o altri strumenti di documentazione. Vivevano confidando nella narrazione orale come principale, se non unico, mezzo per preservare e trasmettere da una generazione all’altra la loro storia, le loro esperienze e il loro sapere. In un certo senso è come se la nostra storia fosse stata scritta nel vento.

I poemi sono stati uno strumento efficace, e sotto questo aspetto la loro importanza andava ben oltre il semplice valore artistico, essendo una basilare fonte di documentazione storica. Le tribù libiche facevano ricorso ai poemi per descrivere eventi e per rendere onore, denunciare o piangere qualcuno. Uno degli esempi migliori di poesia documentaria è la testimonianza di un poeta libico, Fadil al Shalmani.

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